La malattia da Coronavirus SARS-CoV2 la temono tutti: tutti si dicono pronti a contribuire, tutti indistintamente si dicono solidali l’un l’altro fino a quando, però, la solidarietà non ci tocca in prima persona.
Mi spiego e arrivo rapidamente al punto.
L’epidemia non deve fermare la sanità; l’epidemia non deve fermare l’economia; l’epidemia non deve fermare né la cultura, né l’istruzione, né – tantomeno – il lavoro. L’epidemia dev’essere affrontata in modo pragmatico, con il giusto impiego di risorse, con il giusto impiego di strutture, senza che alcun settore della società sia penalizzato. Questo dovrebbe essere il viatico di chi governa tanto la Nazione quanto il più piccolo dei Comuni.
Il condizionale è utilizzato di proposito, non a caso. Vivo in una piccola provincia siciliana, la più piccola in termini di popolazione, la quarta in ordine di estensione territoriale; lavoro nell’ospedale che ha sede nel capoluogo della provincia che – e non sono autoreferenziale – è un gioiellino ben governato che, negli ultimi mesi, ha fatto grandi passi per migliorare l’offerta sanitaria. Ma, adesso, deve confrontarsi con l’emergenza sanitaria imposta dalla epidemia.
Ho lavorato in Africa con Emergency al progetto Ebola; ne sono rimasto contagiato e poi, grazie agli interventi intensivi, ce l’ho fatta a guarire. Ricordo molto bene quel periodo della mia vita e ricordo ancora meglio quali siano stati i primissimi interventi allorché, in quel trimestre autunnale del 2014, è deflagrata l’epidemia di Ebola in Sierra Leone.
Il primo intervento che è stato fatto da Emergency in modo pragmatico è stata la differenziazione dei luoghi di cura mantenendo la struttura principale operativa (l’ospedale pediatrico di Goderich) senza che venisse penalizzata dal contagio di Ebola.
L’operazione è stata condotta in modo operativamente quasi banale: sono stati decentralizzati i malati di Ebola in un altro ospedale – a Lakka – affinché non ci potesse essere promiscuità con i pazienti non contagiati. Nonostante Ebola, la gente – anche in quel periodo – ha continuato a ammalarsi di un certo numero di malattie anche gravi e ogni singolo paziente ha ricevuto le cure adeguate senza che l’insidia di Ebola compromettesse la risposta. Semplice. Pragmatico. Efficace.
SARS-CoV2 non è Ebola, si capisce. È pressoché identica, invece, la paura che i due virus ingenerano nella popolazione. Il compito delle istituzioni è dare risposte chiare, precise e puntuali senza che l’offerta globale della sanità pubblica ne venga in qualche misura compromessa. Perché CoViD-19 non deve fermare nessuna delle altre attività sanitarie indispensabili per la popolazione.
Durante la prima fase dell’epidemia sono stati approntati in tutto il Paese i “Reparti CoViD” all’interno dei grandi ospedali con il risultato che l’utenza di quegli ospedali ha avuto paura di recarsi ai Pronto Soccorso anche per condizioni piuttosto serie e qualche decesso per la “non-cura” l’abbiamo pure registrato.
La politica sanitaria, allora, dovrebbe preoccuparsi di intervenire affinché la risposta all’emergenza CoViD-19 non comprometta la risposta alla più generale richiesta di salute dei cittadini. L’unica soluzione per ottenere tale effetto è l’identificazione di presidi ospedalieri dove installare le degenze per i soggetti contagiati che richiedono l’ospedalizzazione evitando di creare promiscuità con gli altri reparti di degenza.
La risposta dev’essere collettiva perché, nella gestione dell’emergenza, qualsiasi campanilismo è una nota stonata: non sono tollerabili prese di posizione di piccole donne e piccoli uomini investiti di piccole porzioni di potere che – il più delle volte per conseguire o mantenere il proprio consenso – si autoproclamano difensori della propria piccola comunità.
Il benessere della collettività, talvolta, passa per soluzioni anche impopolari, anche difficili, ma la collettività non può essere parcellizzata, non può essere frazionata e tutti (operatori e cittadini) abbiamo il preciso dovere di contribuire.
Ci saranno altri contesti nei quali sventolare la propria bandiera, altre condizioni nelle quali consentire l’egoismo da campanile. Ma non è questo il momento.