Abbiamo già descritto come la riduzione del numero dei parlamentari fosse uno dei punti programmatici del programma di governo della Lega di Salvini (ne abbiamo parlato e, chi volesse, può rileggere l’articolo da qui). Dopo la pubblicazione dell’articolo, lo scorso 30 agosto, moltissimi sono stati gli attacchi ricevuti, quasi superiori ai commenti favorevoli, perché gran parte degli elettori e dei simpatizzanti del Movimento 5 stelle, oggi fermamente schierati a favore della riduzione di rappresentanza del popolo, si rifiutano di credere che tale disegno fosse nei progetti di Salvini. Molti di loro credono ciecamente alla propaganda di Di Maio, di Crimi, di Taverna, di Toninelli, di Lezzi e, ovviamente, di Travaglio che quotidianamente avverte l’esigenza di screditare le ragioni di coloro che si oppongono alla decapitazione delle aule parlamentari definendoli (anzi definendoci) “Casta”. E, per tale ragione, anche coloro che hanno gli strumenti culturali e intellettuali per essere critici, molto spesso mettono la testa sotto la sabbia e accettano passivamente ciò che dicono i loro referenti nazionali.
Credo, allora, ci sia necessità di chiarezza e cercheremo di darla nelle prossime righe.
Il programma di governo del Movimento 5 stelle non prevede alcuna riduzione del numero dei parlamentari; in nessuno dei suoi venti punti è descritta questa riforma. Essi, nel programma firmato da Luigi Di Maio, allora capo politico del Movimento, e vidimato da un notaio in data 18 gennaio 2018, tutt’al più, al paragrafo numero 5, si esprimono sui generici tagli agli sprechi e ai costi della politica individuando anche i punti essenziali nello stop alle pensioni d’oro, vitalizi, costi della politica e opere inutili, riorganizzazione delle Partecipate e spending review della spesa improduttiva. Tutto qui; né più, né meno di quanto ci hanno sempre raccontato.
Nel programma della Lega Nord – Salvini Premier, al contrario di quello del Movimento 5 stelle, all’ottavo punto paragrafo “Lo Stato” possiamo leggere “È bene che Camera e Senato vengano ridotti nel numero da 630 a 400 e da 315 a 200.”. Inoltre, nonostante il vincolo di mandato per i parlamentari sia da sempre una delle bandiere del Movimento, due punti più in basso, sempre nel programma della Lega Nord – Salvini Premier è possibile leggere l’intenzione di riformare l’articolo 67 della Costituzione, appunto quello che garantisce al parlamentare la libertà di movimento e di pensiero, anche in dissenso con il proprio gruppo politico, giacché egli rappresenta la Nazione e agisce nell’interesse superiore del Popolo.
Il Contratto di Governo stipulato dopo la consultazione elettorale del marzo 2018 e che ha dato vita al Conte 1º (per gli increduli del M5s il contratto è stato integralmente pubblicato da L’Espresso ed è consultabile da questo link), nel punto 19, Riforme istituzionali, autonomia, democrazia diretta nel suo secondo punto enuncia che “Occorre partire dalla drastica riduzione del numero dei parlamentari: 400 deputati e 200 senatori. In tal modo, sarà più agevole organizzare i lavori delle Camere e diverrà più efficiente l’iter di approvazione delle leggi, senza intaccare in alcun modo il principio supremo della rappresentanza, poiché resterebbe ferma l’elezione diretta a suffragio universale da parte del popolo per entrambi i rami del Parlamento senza comprometterne le funzioni. Sarà in tal modo possibile conseguire anche ingenti riduzioni di spesa poiché il numero complessivo dei senatori e dei deputati risulterà quasi dimezzato.” I passaggi successivi del punto 19 definiscono il vincolo di mandato e l’obbligatorietà del Parlamento a pronunciarsi sulle leggi di iniziativa popolare con puntuale calendarizzazione.
In definitiva, come si vede, la riduzione del numero dei parlamentari è nel programma elettorale della Lega Nord – Salvini Premier e come tale è stato introitato dal Movimento 5 stelle con il Contratto di Governo del primo governo Conte. Questo fatto non lascia spazio a alcuna interpretazione giacché le fonti sono indiscutibilmente chiare e facilmente consultabili.
Nei suoi editoriali su “Il Fatto Quotidiano” Marco Travaglio non manca giornalmente di ricordare ai suoi lettori che “il taglio” (come lui definisce la riduzione della rappresentanza popolare) è stato votato dalla maggioranza dei parlamentari. Sarebbe appena il caso di spiegare a Travaglio più che il numero sono importanti le ragioni. Questa è una regola che dovrebbe valere sempre, ma dovrebbe essere tenuta in seria considerazione soprattutto a proposito di questo stupro della Costituzione, utile politicamente soltanto al Movimento 5 stelle e oltremodo catastrofica per i cittadini. Ciò che dice Travaglio, praticamente ogni giorno, è verissimo; tace tuttavia sulle ragioni, omettendo di chiarire che il dissenso a tale riforma avrebbe potuto essere il punto di rottura in grado di compromettere la nascita del secondo governo Conte per cui i parlamentari che si sono fatti promotori dell’accordo di governo, primo fra tutti Matteo Renzi, hanno dovuto chinare il capo e assecondare la richiesta del Movimento; salvo, poi, farsi promotori del referendum che andremo a celebrare il 20 e 21 settembre.
Ciò che è meno chiaro (ma, davvero, molto meno chiaro) è la volontà e la posizione di Zingaretti. Sono convinto che nel Partito Democratico, nonostante la guida opaca del segretario, ci siano personalità di grandissimo spessore intellettuale e culturale: Andrea Romano, per dirne uno, ma anche Emanuele Fiano, Stefano Bonaccini e tanti altri. Il mio mestiere non è la politica, eppure mi è bastato guardare i programmi di Lega Nord e Movimento 5 Stelle, confrontarli con il Contratto di Governo del primo governo Conte per rendermi conto della assurdità di questo compromesso e per rendermi conto che dovrebbe essere nelle corde di un partito che può contare su donne e uomini illuminati contrastare la deriva populista che ha preso la Politica italiana. In altre parole è come se l’intelligenza e la cultura di donne e uomini del calibro di Romano, Fiano, Ascani, Bonaccini fosse stata parcheggiata per dare spazio al populismo di Emiliano o di Boccia, da sempre appiattiti sulle posizioni del Movimento 5 stelle.
Nicola Zingaretti è o non è in grado di spiegare il perché di questo appiattimento sulla visione di Stato che è propria della Lega Nord? E, ancora, quale interesse tutela il segretario del PD, quello dei cittadini o quello degli elettori? Le donne e gli uomini democratici di questo Paese potranno ancora sperare di ottenere la giusta rappresentanza parlamentare se i candidati saranno finanziati dalle lobbies di potere che avranno lo scopo di tutelare i propri interessi?
Ritengo che tra venti giorni tutti noi saremo chiamati a decidere se appoggiare le segreterie di partito e le lobbies che finanzieranno i prossimi candidati a causa della vastità dei collegi elettorali oppure se sostenere la libertà del cittadino.
Non credo ci possano essere dubbi sulla scelta che tutti noi dovremo compiere perché la libertà, nella mia visione, non ha prezzo.
E, almeno la mia, non è in vendita!