Nell’arco di ventiquattr’ore sono fioccati i tweet, i post, gli hashtag a sostegno di Giuseppe Conte e – ovviamente, ma c’era da aspettarselo – a danno di Matteo Renzi.

Ieri mattina ho scritto sulla questione dell’irresponsabilità di Renzi che esiste soltanto tra i suoi detrattori. Italia Viva – diciamocelo! – è stata il “socio minoritario” ed ha inciso poco nelle azioni dell’esecutivo che, palesemente, e certamente non per colpa di Renzi, non è riuscito a lasciare gli ormeggi e prendere il largo verso il mare di riforme che avrebbe dovuto essere la stella polare dell’esecutivo. È andata così; inutile rimuginarci sopra.

Mi pare interessante, però, mettere in luce alcuni aspetti dell’antagonismo Conte/Renzi. Massimo D’Alema, acido più che mai nei giudizi, ha stigmatizzato Matteo Renzi come “il politico meno popolare d’Italia” contrapponendolo a Giuseppe Conte, al politico più popolare. Ora, se questo paragone idiota può avere un senso, ce l’avrebbe soltanto nell’ambito della popolarità mediatica (e nemmeno in quello, in realtà), ma non si possono fare paragoni tra le due personalità più propriamente “politiche”.

In tanti si stanno sperticando a tessere (immotivate) lodi all’attuale Presidente del Consiglio. Ma sono tutte meritate? Vediamo.

Partendo dal curriculum vitae di Giuseppe Conte, fin dai primi momenti della sua ribalta mediatica sono emerse numerose incongruenze in quanto dichiarato che sono state analizzate con un meticoloso fact checking (di indiscutibile autorevolezza, per esempio, quello del New York Times): Giuseppe Conte ha dichiarato di aver, dal 2008 al 2012, «soggiornato per periodi non inferiori a un mese presso la New York University», per perfezionare gli studi, ma non risulta; anche la Sorbona, citata nel curriculum, non  ha trovato il suo nome negli archivi. Tuttavia, considerata la comune abitudine di “gonfiare i curricula”, su questo si potrebbe anche chiudere un occhio.

L’attività più propriamente politica di Giuseppe Conte è, invece, a mio modesto avviso, più enigmatica.

Giuseppe Conte è stato proposto nella squadra di governo presentata da Luigi Di Maio nella campagna elettorale del 2018 come papabile Ministro della Pubblica Amministrazione nel caso di una vittoria del Movimento 5 Stelle. Fino a allora, dunque, un emerito sconosciuto, noto forse nei ristretti ambienti accademici della capitale. Ma va bene (anche) così: non tutti per emergere devono crescere a pane e politica, talvolta i talenti possono comunque affiorare nonostante siano restati a lungo celati.

Ancora più interessante, sempre a nostro avviso, sono gli “U-Turn”, le svolte a “U” di Conte: nominato (non ha mai preso neanche un voto dal popolo, ma anche questo è nelle corde della nostra Democrazia Parlamentare) Presidente del Consiglio dal Presidente della Repubblica nel 2018, è stato il front-man del più improbabile governo di coalizione mai immaginato nella nostra storia repubblicana. L’accordo Movimento 5 Stelle – Lega, infatti, dall’intera base del Movimento e da buona parte dei suoi vertici è stato sempre visto come il fumo negli occhi; come dimenticare le dichiarazioni di un big del Movimento come Alessandro Di Battista che si è sbilanciato nel dire che avrebbe ritirato la propria adesione al Movimento in caso di accordi con Matteo Salvini (mi pare, tuttavia, che il “Dibba” sia sempre lì, al suo posto, a pontificare).

Con la Lega di Matteo Salvini e con il Movimento 5 Stelle di Luigi Di Maio, Giuseppe Conte ha emanato i peggiori provvedimenti della nostra storia democratica: dai decreti sicurezza (due, perché soltanto uno sarebbe stato ancora poco), a “Quota 100” passando per il Reddito di Cittadinanza, vero e proprio vessillo del movimento grillino. E che altro? Poco o niente.

Poi, nell’agosto 2019, la frattura con Matteo Salvini che – tra un Mojito e l’altro – si è sbilanciato a chiedere per sé stesso i pieni poteri. Il tentativo leghista (lo ricordiamo bene tutti) è stato soffocato dalla abilità politica di Matteo Renzi che, sbaragliando tutti, ha consentito la nascita del governo Movimento 5 Stelle + Partito Democratico + Liberi & Uguali.

Giuseppe Conte, quindi, è passato da un governo con chiarissimo posizionamento di destra estrema e da posizioni dichiaratamente antieuropeiste (sono stati i tempi delle visite di Luigi Di Maio a gilet-gialli che hanno messo a ferro e fuoco la Francia) e da “ItalExit”, a posizioni dalle sfumature rosa con il Partito Democratico e Italia Viva che, nel frattempo, s’è formata, e più rosse con Liberi & Uguali, cui è stato assegnato quello che sarebbe diventato, pochi mesi dopo, il ministero più strategico della coalizione.

Giuseppe Conte succede a sé stesso come capo di coalizioni successive, l’una l’opposto dell’altra, senza fare una piega. Cosa che, nella storia della nostra Democrazia, non è mai successo, quantomeno per dignità. Tuttavia, per il bene del Paese, in tanti (mi ci metto anch’io) hanno accettato il trasformismo di Conte immaginando che, con la spinta riformista del Partito Democratico e, ancora di più, di Italia Viva, ci potesse essere una svolta reale per le sorti del Paese. È avvenuto? Neanche per sogno!

Giuseppe Conte, nonostante la Pandemia che ha massacrato il tessuto economico e sociale italiano, che ha inginocchiato il Servizio Sanitario Nazionale, è stato quasi una statua di sale, capace di annunciare proclami e decreti senza intervenire con indicazioni serie e organiche per lasciare almeno intravedere ai nostri partner europei l’intenzione di modificare l’assetto e l’orientamento del governo. Non a caso l’autorevole quotidiano tedesco Frankfurter Allgemeine Zeitung (lo leggiamo nel corsivo di Stefano Folli pubblicato su “La Repubblica” del 15 gennaio) scrive “Purtroppo questo governo (Conte, n.d.r.), oltre alla gestione del coronavirus, non ha prodotto alcunché in grado di guardare al futuro. Conte voleva distribuire i soldi di Bruxelles in base a calcoli politici e clientelari. Così facendo l’Italia mancherebbe gli obiettivi del fondo Recovery, volto a favorire le riforme e una maggiore crescita”.

Sono parole durissime, ma chiare: il Recovery fund non può essere utilizzato per finanziare clientele capaci di accrescere il consenso. È inequivocabile. E bisogna anche considerare che, in mancanza di piani operativi dettagliati, di verifiche puntuali e circostanziate, i finanziamenti europei non solo potrebbero cessare, ma si rischia che debbano essere restituiti.

E c’è anche di peggio. Un rapporto della Oxford Economics del 1° gennaio 2021 (quindi attualissimo) basato sui dati forniti dall’International Monetary Fund e dall’WHO mette a confronto il numero di morti per CoViD-19 con la perdita di PIL. In questo rapporto l’Italia è appena sopra l’Argentina quanto a perdita di PIL, ma (ed è questo che ancora di più dovrebbe irritarci) è il Paese che ha fatto peggio di tutti nel contenere la letalità della Pandemia. E i numeri non mentono. Mai. Alla faccia del “Modello Italia”!

Ora, io – davvero – capisco tutte le tifoserie di questo assurdo modo di fare politica; capisco che Matteo Renzi possa essere antipatico per alcuni, capisco la volontà del Partito Democratico di volere mantenere il proprio spazio di governo, ma non possiamo ulteriormente ipotecare il futuro delle nostre generazioni, il futuro dell’Italia soltanto perché gli italiani inebetiti dai social media seguono più gli hashtag di Casalino che le idee politiche.

Ma l’abbiamo capito a cosa stiamo andando incontro? L’abbiamo capito che l’azione di Renzi di staccare la spina a questo governo non solo è stata responsabile e legittima, ma è stata – ancora di più – opportuna e saggia?

Il Paese ha bisogno – adesso, non domani, non tra tre anni – di “veri” politici, di donne e uomini che sappiano immaginare il futuro per i prossimi trent’anni e non per le prossime tre settimane.

Il tentativo del ricorso ai “responsabili” forse salverà Conte, ma distruggerà lo Stato.

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2 pensiero su “Scusi, Conte chi?”
    1. sottoscrivo punto per punto.
      non ho mai avuto dubbi in proposito
      è avvilente constatare come la stampa ( giornaloni e giornalini) sia tutta allineata al pensiero unico di quel serpente velenoso di Travaglio.
      nel passato Renzi ha sbagliato in alcuni snodi importanti perché è stato a sentire falsi consiglieri ; ora è determinato a seguire solo il suo istinto e sono convinto che la spunterà

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