Provate a chiedere ai vostri contatti se hanno capito il senso della crisi politica di questi ultimi giorni. Due su tre, ripetendo ciò che ha sentito in TV o letto sui social, vi risponderà che non l’ha capito oppure che ne condivide i contenuti ma non la tempistica perché questo, nel corso della crisi pandemica, non sarebbe il momento giusto per aprirla.

Bene. Uno su tre dei vostri contatti (che comunque è tantissimo) vi risponderà che l’ha capita. Ma l’ha capita fino in fondo? Non ho la presunzione di averla capita io o di saperla spiegare, però mi sono fatto un’idea che vorrei provare a raccontarvi.

Partiamo da alcuni presupposti di cronaca politica perché altrimenti parleremmo del nulla.

Da oltre sei mesi il gruppo di Italia Viva e buona parte del Partito Democratico hanno chiesto un cambio di velocità al governo.

Gli stessi gruppi, da oltre sei mesi, hanno cercato di fare comprendere al governo della Nazione che troppe decisioni sono state prese in ambiti troppo ristretti per potere essere definiti davvero condivisi.

Il governo, da circa un anno, è andato avanti a colpi di DPCM dimostrando di essere capace di inseguire i fatti senza un piano strategico per prevenirli e governarli.

Negli ultimi mesi il governo ha approntato una bozza di Recovery plan (richiesto dall’Europa affinché sia possibile accedere al Next Generation EU) che tutti i nostri partner hanno ritenuto imbarazzante e che è diventato credibile dopo le correzioni apportate da Italia Viva che ha studiato i dossier ed è intervenuta per correggerli.

Bene, questi – sebbene per linee generali – i fatti; e ai fatti ci dovremmo attenere.

Il risultato delle insistenze e della caparbietà di Italia Viva è stato la scomparsa di qualsiasi cabina di regia, il miglioramento del Recovery plan, la cessione della delega ai servizi segreti, la nomina dei 53 commissari necessari per iniziare le grandi opere pubbliche, vantaggio e volano per l’economia del Paese.

Può bastare? Per alcuni sì; per tanti altri non è ancora abbastanza. Dobbiamo però dirci le cose come stanno: i provvedimenti del governo Conte non sono stati del tutto efficaci nel contenere la pandemia e assicurare il ritorno alla normalità sebbene nessuno possa con serietà affermare che avrebbe fatto meglio; in ogni caso è necessario correre ai ripari.

Sono passati ormai tre giorni dall’ultima discussione parlamentare e lo stato di eccitazione iniziale (o di scoramento, dipende dai punti di osservazione) dovrebbe essere più o meno superato per cui – penso – ne potremmo parlare quasi con serenità.

Andiamo al voto per la fiducia al Senato. Giuseppe Conte ha incassato la maggioranza semplice con 156 voti favorevoli, 140 contrari e 16 astenuti.

Se Italia Viva avesse davvero voluto abbattere Conte l’avrebbe fatto con il voto di sfiducia: per il regolamento del Senato, infatti, in caso di parità, pesano di più i voti contrari. Conte è sopravvissuto, ma è ferito gravemente.

È tutto? Neanche per sogno! Quello che è veramente importante è osservare e contare i presunti favorevoli e i presunti contrari nelle commissioni, vero cuore pulsante dell’attività legislativa in Parlamento.

La coalizione che sostiene Giuseppe Conte ha la maggioranza certa soltanto in 10 commissioni su 14 alla Camera e soltanto in 3 su 14 al Senato. Questo significa che ogni singola attività legislativa deve necessariamente fari i conti con il parere di Italia Viva.

Per uscire dal politichese, significa che i deputati e i senatori di Italia Viva hanno, adesso che sono fuori dal Governo, le chiavi per potere orientare il timone della nostra nave verso porti (più) sicuri nel mare in tempesta in cui stiamo navigando con un equipaggio che (nei fatti) si è dimostrato inadeguato al compito.

Il primo esame cui sarà sottoposto il governo Conte sarà il voto sulla giustizia di mercoledì prossimo (dovrebbe essere calendarizzato per il 27 gennaio). In tale occasione, con ogni probabilità, Alfonso Bonafede non incasserà la fiducia per la sua riforma che darebbe uno strapotere giustizialista alla magistratura.

In commissione giustizia al Senato, inoltre, potranno contare su appena 11 voti sicuramente favorevoli che dovranno fare i conti con 13 voti sicuramente contrari ed uno (quello del gruppo per le Autonomie) incerto.

Analoga situazione si ripete per le altre commissioni al Senato: per gli Affari Costituzionali (10 sicuramente favorevoli e 12 sicuramente contrari), agli Affari Esteri, alla Difesa, al Bilancio, alla Cultura, all’Ambiente, ai Trasporti, alle Attività produttive; per non parlare della Commissione agli Affari Sociali dove i presunti contrari sono in netta maggioranza.

Questa instabilità delle Commissioni potrà generare esclusivamente due scenari: 1) un governo Conte di minoranza con Matteo Renzi che detterà più o meno l’agenda politica o che, comunque, potrà negare il proprio appoggio a provvedimenti che non siano nell’esclusivo interesse dei cittadini; 2) dimissione di Conte al prossimo inciampo parlamentare (cioè, probabilmente, mercoledì prossimo) cui seguirà il varo di un governo di larghe intese con la partecipazione anche delle forze di centrodestra, ma non della estrema destra (Cottarelli? Draghi? Vedremo, non è importante al momento).

Neanche cito le elezioni anticipate perché è uno scenario inverosimile giacché un nutrito gruppo di parlamentari che ha vinto alla ruota della fortuna dovrebbe rinunciare al proprio reddito di cittadinanza.

Nessuno dei due scenari è vantaggioso per il Movimento 5 Stelle per tantissimi motivi, i più importanti dei quali sono essenzialmente due: nel primo scenario dovranno, a partire da Conte, chiedere il permesso per ogni singola attività, per ogni singolo provvedimento a Matteo Renzi che diventerebbe una sorta Presidente del Consiglio ombra; nell’altro scenario dovranno governare con il secondo dei loro peggiori nemici (Berlusconi) e si potrà dire di loro che avranno appoggiato e fatto governi sostanzialmente con tutto l’arco parlamentare.

Verosimilmente il prossimo conto da pagare per il Movimento 5 Stelle (prima di sparire del tutto) sarà superare lo sbarramento ideologico al MES sanitario e consentire alla Salute Pubblica quanto necessario in termini di risorse per potere programmare un serio piano di rilancio.

Possiamo anche non dire che Renzi abbia vinto su tutta la linea, ma sicuramente non possiamo dire che sia rimasto con il cerino acceso in mano; piuttosto ha dimostrato ai parvenu quale sia il giusto comportamento, nel rispetto delle istituzioni e delle prassi democratiche, per fare davvero gli interessi degli italiani, dalla corretta riscrittura del Recovery plan al MES sanitario.

Se i due terzi dei vostri contatti vi dirà che non ha capito le ragioni della crisi, infine, una certa responsabilità ce l’hanno anche i mezzi di informazione che hanno raccontato i fatti indugiando più sulla ridicolizzazione dell’avversario (da Travaglio a Scanzi, per dire i più noti) o sulla inopportunità della crisi politica (Mieli, Giannini, Calabresi, Gomez e troppi altri) in questo momento tragico piuttosto che approfondire in modo serio l’analisi in funzione di una lettura degli avvenimenti di parte e, non di rado, sfacciatamente filo-governativa.

Ma questo è solo l’inizio.

© Il testo dell’articolo è liberamente riproducibile, ma si fa obbligo di comunicare all’autore l’eventuale pubblicazione in altri siti all’indirizzo info@fabriziopulvirenti.it.

12 pensiero su “Il secondo governo Renzi”
  1. Condivido completamente l’articolo di Pulvirenti. Aggiungo che in più post ho fatto rilievi dello stesso significato di quelli di Pulvirenti, constatando una larghissima lettura e di like, ma con mio rammarico una scarsa presenza di commenti e valutazioni. Oltre tutto ho dovuto constatare che da parte dei media, invece di avere informazioni ed indagini di approfondimento e verifica i media si esprimevano solo su divaricazioni personale. Nessun media ha fatto conoscere il parere ed il pensiero degli attori economici italiani che sono i maggiori destinatari dei Recovery Fund. Dai media uno ricava la visione di una Italia che è tutta e solo chiusa nell’ambito parlamentare.

  2. Unico politico al momento che ha una visione del futuro e che entra dentro i veri problemi del nostro paese menomale che esiste non riesco a spiegarmi perché gli italiani in gran parte non glielo riconoscono

  3. “per fare davvero gli interessi degli italiani”: sono queste le parole chiave, che condivido pienamente, dell’articolo. Il problema è che chi bada primariamente, se non esclusivamente, ai propri interessi, siccome questi ultimi non coincidono con quelli degli italiani, more solito attacca la persona con argomenti pretestuosi, per non entrare nel merito. Correttissima, quindi, anche l’analisi sul ruolo nefasto dell’informazione e degli “opinionisti” asserviti, consapevoli o meno, a un pensiero unico che ci porta alla distruzione.

  4. Oserei dire che Pulvirenti ha chiarito in modo inequivocabile e puntuale la ns. situazione politica sotto tutti gli aspetti ora è necessario che il Suo pensiero venga recepito e, per ottenere tale risultato, occorre farne una divulgazione a tappeto.

  5. Confesso che questa volta Renzi, che avevo sempre ammirato e sostenuto, aveva deluso e spiazzato anche me, e mio malgrado, ravviso anche io nei suoi comportamenti, un ego smisurato che ne compromette le iniziative spesso sacrosante! A giorni, se questa affascinante analisi di Pulvirenti corrisponde al vero sarà possibile verificarla .

    1. Cara Marilena, ho seguito tutti gli interventi di Renzi in Parlamento ed in TV….. come mai non ho mai colto, pur osservandolo con attenzione, questo EGO smisurato? Invece l’ho sentito sviscerare i problemi reali ed offrire soluzioni, che l’altro, lui si con un ego smisurato, HA AVUTO PAURA CONDIVIDERE PER NON DARE RAGIONE A RENZI

      1. Sì, questa storia dell’ego smisurato di Renzi sembra una tecnica di propaganda, per allontanare regolarmente la riflessione dai veri contenuti e metterla sul caratteriale. Tecnica che ha pagato abbastanza, purtroppo: molte persone la ripetono in modo irriflessivo evitando di “contaminarsi” con i problemi reali. Che invece sarebbero quanto mai urgenti. Vorrei dare atto agli esponenti di IV del loro lavoro (credo) estenuante per riportare – in ogni intervista (almeno quelle che ho visto) – il baricentro sulle cose e non sulle persone. Credo sia una faticaccia, e il “sistema” non la favorisce assolutamente: tutto va bene pur di passare le parole d’ordine stabilite. Ci vuole grande lavoro di pensiero per non caderci.

  6. Nell’interesse degli italiani tutti, di chi non vuole Salvini al potere, e dei parlamentari, soprattutto grillini, che dovranno sparire dal parlamento e tornare a lavorare, la soluzione più semplice è Renzi; perché nessuno lo vuole anche se è l’unica via? Forse perché l’interesse di Conte , del PD, dei grillini, non è risolvere i problemi dell’Italia ma non lasciare a Renzi una via per riprendersi la guida di una sinistra moderata . Dove sono i giornalisti? Neanche uno che lo affermi? Molti hanno riconosciuto che le impuntature di Renzi sono sacrosante perché dunque il giuda dovrebbe essere Renzi e non Zjngaretti? È una storia che viene da lontano da quando un PD al 40 per cento si è impegnato contro Renzi con la scusa del referendum, in realtà il pd preferisce non avere un capo carismatico così ognuno può sperare di diventarne il capo.

    1. La speranza non è di diventare il leader al posto degli altri, ma che nessuno degli altri sia il leader. Questa è la sx italiana

  7. preciso e lampante , come gran parte della stampa non palesi questa verità fa di questi giornalisti dei prezzolati morti di fame, non si spiega altrimenti questo asservimento ai proprietari di giornali e tv

  8. Finalmente un articolo che dice la verità basata sui fatti e non sui comportamenti e sui personalismi.
    Renzi ha nei fatti ragione ma vista la reazione del PD che lo ha bollato come “inaffidabile”, forse ancora una volta si è mosso un pò improvvidamente senza assicurarsi che la parte del PD, che molto probabilmente lo aveva incoraggiato per rompere l’inerzia del governo, non si tirasse indietro.
    Renzi si è fatto molti nemici, soprattutto nel PD e, anche a livello di popolarità, ancora paga l’errore del referendum sulla riforma costituzionale, che se fosse passata avrebbe avviato una profonda riforma di questo paese verso un sistema paese più agile e moderno. L’aver trasformato, di fatto, il referendum su un referendum sulla sua persona, invece di distaccarsene dicendo che dopo il referendum si sarebbe dimesso sia in caso di bocciatura (sarebbe venuta meno la missione principale del suo mandato da parte del presidente della repubblica) che di approvazione (non aveva senso governare con un senato in via di estinzione) ha ottenuto l’effetto contrario.
    A mio parere con un atteggiamento più prudente il referendum sarebbe passato e alle successive elezioni si sarebbe ripetuto il 40% delle europee e Renzi ancora governava un paese migliore di questo che abbiamo.

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