I venti di Federalismo e di Repubblica Presidenziale iniziano a soffiare con insistenza da destra e tutti (tanti politici e troppi giornalisti) sembrano lasciarseli scivolare addosso senza minimamente prendere posizione. Eppure, il rischio di un Paese frammentato in tanti staterelli c’è ed è incombente!

Qualche visionario (compreso il sottoscritto), nei mesi della battaglia referendaria, ha indicato con chiarezza tale rischio scrivendo numerose riflessioni, ma è stato preso per folle in quanto tali denunce andavano contro il sentire popolare che chiedeva la “testa” dei parlamentari.

Nella realtà dei fatti, tuttavia, già a quel tempo, è stato segnalato che le componenti della destra estrema (Meloni e Salvini) avessero in mente il cambiamento della nostra Costituzione.

Iniziamo con il leggere lo statuto della Lega per Salvini Premier del 2021 (dunque il documento più recentemente prodotto) ed il programma presentato in occasione delle elezioni del 2018. Per quanto sia taciuto, il proposito della trasformazione della Repubblica parlamentare in Stato federale è scritto nero su bianco. Tale proposito troneggia, infatti, all’articolo 1 dello statuto con le seguenti parole: Lega per Salvini Premier è un movimento politico confederale costituito in forma di associazione non riconosciuta che ha per finalità la pacifica trasformazione dello Stato italiano in un moderno Stato federale attraverso metodi democratici ed elettorali. Lega per Salvini Premiere promuove e sostiene la libertà e la sovranità dei popoli a livello europeo. Dunque, una prima prova è qui.

Andiamo alla Meloni, della quale più volte ho sentito dire che non si piegherebbe mai favorire la frammentazione dello Stato italiano. Andiamo a leggere cosa scrive nel suo programma elettorale del 2018 al punto n. 15 intitolato “Per un governo forte e istituzioni efficienti”. Leggiamo: Riforma presidenziale della Repubblica con elezione diretta del capo dello Stato e del Governo. Federalismo responsabile; adeguamento dei poteri, delle risorse e del patrimonio di Roma Capitale agli standard delle principali capitali europee; rafforzamento e valorizzazione delle autonomie locali e dei poteri dei Sindaci. Vincolo di mandato anti-volgabbana e anti-ribaltoni (questo lo troviamo anche nel programma del M5s, e continuano a sostenere di non avere niente in comune!) Superamento del bicameralismo perfetto e riduzione del numero dei parlamentari. Quindi, qui abbiamo la prova numero due.

Tutto questo a breve sarà possibile per gli errori accumulati prima da Nicola Zingaretti, reo di avere apertamente sostenuto, dopo tre bocciature parlamentari, la riduzione del numero dei deputati e dei senatori che renderà le modifiche Costituzionali molto più semplici e, adesso, da Enrico Letta che, così come ha fatto nel 1999 Massimo D’Alema, si è messo a inseguire da un lato Salvini (e in parte Meloni) e dall’altro le strampalate politiche assistenziali del Movimento 5 Stelle. Più in dettaglio, Enrico Letta sta inspiegabilmente assecondando la cosiddetta Autonomia differenziata, che è la trappola politica per rendere – nella pratica – ogni Regione uno Stato a sé stante, e, contemporaneamente, sta inseguendo le politiche sociali del Movimento 5S (in particolare il Reddito di Cittadinanza) che andrebbero riservate soltanto a chi si trovi in (temporanea?) grave difficoltà.

Più recentemente, considerati i suoi accordi in cambio di poltrone (e, stavolta, si tratta proprio di questo!), potrà essere ritenuto responsabile anche Carlo Calenda che, anziché guardare all’interesse generale attraverso la realizzazione di un centro social-democratico così come la base ha più volte chiesto, ha pensato bene di assicurarsi i “seggi sicuri”, alleandosi con il PD, giustamente lieto di accogliere un curriculum da opportunista quasi ininterrotto di insulti a Renzi (fatto salvo il periodo in cui doveva prendere i voti per Roma, naturalmente).

Provo dunque a esplicitare questo “piano”: qualora la destra di Meloni e Salvini (Berlusconi, ormai, non conta più perché si è appiattito sulle posizioni della destra estrema) dovesse raggiungere la maggioranza parlamentare, soprattutto a causa della riduzione del numero dei parlamentari, avrà i numeri per cambiare molto facilmente la nostra Costituzione.

Un primo effetto potremmo vederlo nella ripartizione del Fondo Sanitario Nazionale che, per la prima volta nella storia, potrebbe tenere conto dell’indice di deprivazione, ovvero della difficoltà per alcune fasce di cittadini di fruire correttamente (per ragioni prevalentemente culturali e sociali) dei servizi sanitari pubblici. In mancanza del dettato costituzionale che stabilisce i Livelli Essenziali delle Prestazioni, potrebbe essere osservata una grave sperequazione nella suddivisione del Fondo che dovrebbe servire a garantire servizi sanitari (e sociali) per tutti i cittadini. Vogliamo provare a indovinare quali regioni saranno penalizzate?

E pensare che quanti hanno fatto fallire una riforma di efficientamento ed equilibrio della nostra Costituzione, saranno ben lieti di accettarne una che sarà funzionale esclusivamente ad assecondare i piani della destra a tutto svantaggio dei cittadini dei Sud e del Centro Italia. Meloni, Salvini e Berlusconi celebreranno l’ultimo atto della Repubblica parlamentare ed i colpevoli saranno da una parte i partiti politici che non l’hanno intuito per tempo (il PD soprattutto) e cittadini che, inconsapevolmente, daranno loro il potere di farlo!

Un tempo si scherzava gridando «Povera Italia!» ed è forse tempo di spolverare i vecchi costumi…

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Un pensiero su “Gli errori del PD (di Zingaretti e di Letta) li pagheranno gli italiani.”

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