Ho vissuto in prima persona, prima da operatore e poi da malato, l’epidemia di Ebola del 2014-2015 in Africa, in Sierra Leone. Oggi sto vivendo da operatore (spero mai da ammalato) la pandemia da SARS-CoV2 che ci ha investito.
Da marzo a oggi ho visto tante persone guarire, ma ho visto anche persone piegate dal peso della malattia e persone che non ce l’hanno fatta; compreso qualche amico e qualche collega.
Non posso non fare paragoni tra le due epidemie: le ho vissute entrambe sebbene a latitudini e contesti diversi. Ma, soprattutto, non posso non fare paragoni tra il senso civico degli africani e quello occidentale.
Nel 2014-2015 l’epidemia di Ebola è stata contenuta grazie alle misure adottate di tracciamento dei contatti e di isolamento. Ci sono state le cure, è vero. Ma, soprattutto, c’è stato l’enorme senso di responsabilità di quei popoli che, nonostante fossero in ginocchio per la recente guerra civile, nonostante fossero in condizioni di povertà, hanno dimostrato il loro senso civico e lo scrupolo per contenere i contagi.
Quando sono arrivato in Africa mi ha colpito la gioia di vivere di quelle persone, mi ha colpito il loro modo di riunirsi per il semplice piacere di stare assieme, di essere comunità. Eppure, quando hanno compreso che Ebola si sarebbe potuto sconfiggere soltanto modificando i propri comportamenti sociali, semplicemente l’hanno fatto. Senza polemiche e senza storie.
Mi ha colpito in Africa il senso di gratitudine per noi operatori sanitari e ricordo molto bene una madre che, nonostante avesse ricevuto la notizia del decesso della propria bambina, ci ha comunque ringraziati per gli sforzi fatti per salvarla.
Oggi, nella nostra civilissima Italia, assistiamo a polemiche farneticanti, a giornalisti e politici che si beccano l’un l’altro per farsi ragione; assistiamo a scienziati (medici, statistici, sociologi) contestati sui social da un esercito di laureati all’Università della Strada! Nella nostra civilissima Italia assistiamo alla guerra irresponsabile tra regioni per il colore assegnato (giallo, arancione, rosso) e il conseguente obbligo di isolamento.
Nella nostra civilissima Italia i pazienti ricorrono alle cure degli ospedali con facilità (non come in Africa!), ma si ricoverano con la carta bollata in borsa e il numero dell’avvocato bene in evidenza perché non si sa mai che si possa guadagnare qualcosa da un eventuale episodio di malasanità.
Quanto è distante questo mondo (che definiamo) civile dalle persone civili!
Nessun medico fa miracoli; nessun medico danneggia i propri pazienti. Ogni medico si adopera con tutto il proprio bagaglio di conoscenze per la guarigione dei pazienti. Ogni tanto le cose vanno male; è vero. Ogni tanto qualche paziente non ce la fa a superare le crisi, ma non per questo il medico che ce l’ha in cura è un criminale.
Ogni volta che sento parlare di malasanità, non posso farne a meno, mi torna in mente quella madre che mi ha ringraziato per gli sforzi fatti e ogni singola volta mi chiedo: siamo davvero noi il mondo civile?
© Il testo dell’articolo è liberamente riproducibile, ma si fa obbligo di comunicare all’autore l’eventuale pubblicazione in altri siti all’indirizzo info@fabriziopulvirenti.it