È più forte di me. Quando vedo Luigi Di Maio in un qualsiasi contesto non riesco a non pensare a Napoleone. Le similitudini sono troppe e troppo evidenti per non pensarci, per non fare degli accostamenti.

Ma, un momento… Magari avete pensato che io volessi accostare la figura di “Gigino da Pomigliano” al grande Napoleone Bonaparte? No, mi scuso con chi legge. Ho inteso riferirmi a Napoleone, il grosso verro che nel racconto di George Orwell guida la rivolta degli animali contro il fattore, Mr. Jones. Conoscete la storia, no? Non la conoscete? Ve la riassumo in due parole.
Il fattore Jones tratta gli animali della propria fattoria molto male e un giorno essi si ribellano seguendo l’ispirazione di alcuni discorsi del Vecchio Maggiore, l’anziano maiale della fattoria. La rivolta è guidata da due verri molto possenti, Napoleone e Palladineve, e i maiali, dopo che Napoleone si sarà liberato con la calunnia di Palladineve e lo avrà allontanato dalla Fattoria, ben presto prendono la guida della fattoria promulgando le Leggi che avrebbero dovuto da quel momento in avanti, regolamentare la vita e l’armonia della fattoria. La prima e principale di tali Leggi, che tutti gli animali hanno imparato a memoria, è stata “Tutti gli animali sono uguali!”. Semplice, immediata e giusta. Uno vale uno, insomma. Successivamente, dopo una serie di eventi, la Legge fu rivista e corretta in “Tutti gli animali sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri”. Napoleone, per garantire la propria incolumità e la propria difesa, nasconde al resto degli animali la nascita di alcuni cani che educa alla ferocia, al morso e alla difesa dei maiali. Ben presto i maiali diventano i proprietari veri della fattoria tanto che iniziano a camminare sulle sole zampe posteriori e iniziano a vestire abiti umani, tanto da non potere essere distinti dall’uomo.

Quella di Orwell è una novella che ho letto da giovane, ma della quale porto in me da sempre il costante monito e insegnamento. Si tratta di un racconto semplice e raffinato che con le allegorie spiega la politica in modo molto più efficace di mille ragionamenti.
I grillini soprattutto dovrebbero leggerla e farne tesoro.
Ma veniamo alla analogia che Di Maio mi suscita ogni volta che lo vedo.

La seduzione del cambiamento è forte ed è propria della natura umana. Tutti vogliamo cambiare. Tutti vogliamo migliorare e alcuni uomini si fanno promotori del cambiamento delle società perché più di altri sono illuminati e più di altri hanno compreso che il bene della collettività, inevitabilmente, si riflette su tutti i suoi membri e, per tale ragione, si adoperano per portare il proprio contributo e cambiare in senso migliorativo quella società. Succede, però, talvolta che i membri di quella collettività (gli animali della fattoria), piuttosto che seguire i principi ragionevoli di chi conosce i metodi ed è profondamente onesto (Palladineve) si affidino con più facilità a chi (Napoleone) sa meglio di altri solleticare gli istinti e soffiare sul fuoco dell’intolleranza. In apparenza, infatti, Napoleone di Orwell sembra fare gli interessi della Fattoria, ma in realtà sfrutta brutalmente gli altri animali della fattoria per nutrirsi del loro lavoro, si circonda di difensori educati alla ferocia irragionevole in grado di difendere tutta la sua ristrettissima cerchia di fedeli e, alla fine, inizia a comportarsi come l’uomo contro il quale ha inizialmente guidato la rivolta.

Luigi Di Maio è la sublimazione di Napoleone, ne è la realtà incarnata nel quotidiano e – ahimè – nella nostra politica. Seguitemi. Lo abbiamo sentito (lui e i suoi cani da guardia addestrati al morso feroce) distruggere i suoi avversari con la calunnia fino a che il nome stesso di tali avversari non fosse in grado di suscitare odio e risentimento (Palladineve che è stato allontanato con la calunnia perché accusato ingiustamente di essere in combutta con Mr. Jones non ha più potuto essere neanche nominato nella fattoria e chi lo avesse fatto avrebbe rischiato severe sanzioni); una volta raggiunto il potere (sostantivo, non verbo) ha iniziato a godere degli stessi privilegi che prima ha combattuto; ciò che, nei momenti della rivolta, è sembrato giusto sostenere, adesso è diventato opportuno ribaltare; sempre e soltanto a proprio vantaggio; le posizioni assunte per abbattere i propri avversari sono diventate strumento di immunità perché chi a Napoleone tenta di opporsi potrebbe fare la stessa fine di Palladineve; e Napoleone non manca mai nel racconto di Orwell di rammentarlo a coloro che osano sollevare dubbi sulla sua moralità.

Non farò in questa sede paragoni tra Di Maio-Napoleone coi suoi avversari. Lascio che chi legge li possa dedurre in autonomia di pensiero e in libertà. Lascio, come ultimo messaggio, delle cifre che mi sembrano paradigmatiche del suo operato. Luigi Di Maio è stato il peggiore Ministro del Lavoro ed è il peggiore Ministro degli Esteri. Per potere esercitare il suo mandato (che è servizio) ha dovuto circondarsi di una schiera enorme di collaboratori e consulenti, tutti pescati nella ristretta cerchia dei propri conoscenti:
Cristina Belotti, ex dipendente Casaleggio, Capo segreteria e Segretario particolare del Ministro (120.000 € l’anno);
Augusto Rubei, Consigliere del Ministro per gli aspetti legati alla comunicazione, relazioni con i media e soggetti istituzionali (140.000 € l’anno);
Daniele Caporale, Consigliere del Ministro per le comunicazioni digitali (80.000 € l’anno);
Pietro Dettori, Consigliere del Ministro per la cura delle relazioni con le forze politiche inerenti le attività istituzionali (120.000 € l’anno);
Sara Mangieri, Consigliere del Ministro per i rapporti con la stampa (90.000 € l’anno);
Alessio Festa, Consigliere del Ministro per le relazioni istituzionali (11.580 € l’anno);
Roberto Dia, Consigliere del Ministro per l’elaborazione digitale delle immagini e web designing (35.000 € all’anno).

Leggo sempre i post che pubblica Di Maio, talvolta li commento (e in quei casi i suoi cani da guardia sono immediatamente sguinzagliati a mordere l’avversario) e spesso egli ripete che la maggior parte degli italiani le cifre che sarebbero risparmiate globalmente con la riduzione della rappresentanza in Parlamento non le vedrebbero nemmeno in dieci vite di lavoro. Ha ragione il Ministro; aggiungo che pochi italiani vedrebbero in dieci vite di lavoro 711.000 € l’anno (che è la somma dei costi dei suoi consulenti) e quei soldi sono degli italiani.

E niente, non ci riesco proprio a non accostare Di Maio a Napoleone! Soprattutto quando lo vedo, tronfio, seduto nella sua auto blu ministeriale (ma non dovevate abolirle?).

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